ðåôåðàòû êîíñïåêòû êóðñîâûå äèïëîìíûå ëåêöèè øïîðû

Ðåôåðàò Êóðñîâàÿ Êîíñïåêò

Interrogatori

Interrogatori - ðàçäåë Ìåäèöèíà, Dosar medical   La Cnn Interruppe Per Prima Il Servizio. Fui Felice ...

 

La CNN interruppe per prima il servizio.

Fui felice che colpisse il notiziari prima che andassi a scuola, ansioso di sentire come gli umani avevano espresso l'accaduto, e quanta attenzione avrebbe raccolto.

Fortunatamente, era una giornata di gravi notizie. C'era stato un terremoto in Sud America e un rapimento politico in Medio Oriente. Così finì per ottenere pochi secondi, poche frasi, e un'unica foto granulosa.

“Alonso Calderas Wallace, sospettato di una serie di stupri e ricercato per omicidi nello stato del Texas e dell'Oklahoma, è stato arrestato la scorsa notte a Portland, Oregon, grazie ad un indicazione anonima. Wallace è stato ritrovato, questa mattina presto, privo di sensi in una viale, appena pochi metri lontano dalla stazione di polizia. Gli ufficiali non sono riusciti a dirci questa volta se sarà estradato a Houston o ad Oklahoma per essere processato.”

La foto non era chiara, un'inquadratura da delinquente, e al tempo della fotografia aveva una fitta barba. Anche se Bella lo avesse visto, probabilmente non l'avrebbe riconosciuto. Sperai che non lo vedesse; l'avrebbe spaventata inutilmente.

“La cronaca qui in città sarà leggera. E' troppo lontano per essere considerato di interesse locale,” mi disse Alice. “E' stata una buona mossa quella di farlo portare da Carlisle lontano dalla città.”

Annuii. Bella, malgrado tutto, non guardava molta televisione, e non avevo mai visto suo padre vedere altro che canali sportivi.

Avevo fatto quello che potevo. Questo mostro non avrebbe più cacciato, e io non mi ero comportato da assassino. Non di recente, comunque. Avevo fatto bene ad aver fiducia in Carlisle; quanto speravo ancora che il mostro non fosse smontato così facilmente. Mi sorpresi a sperare che fosse esiliato in Texas, dove la pena capitale era così ben voluta...

No. Non aveva importanza. Me lo sarei lasciato alle spalle, per concentrarmi su ciò che era più importante.

Avevo lasciato la camera di Bella meno di un'ora fa. Stavo già desiderando di vederla di nuovo.

“Alice ti dispiacerebbe...”

M'interruppe. “Guiderà Rosalie. Si incavolerà, ma sai quando la divertirà mostrare la sua macchina.” Alice cantilenò una risata.

Le sorrisi. “ Ci vediamo a scuola.”

Alice sospirò, e il mio sorriso divenne una smorfia.

Lo so, lo so, pensò. Non ancora. Aspetterò finché non sarai pronto per farmi conoscere Bella. Dovresti saperlo, comunque, che non è come essere egoista. Piacerò anche a Bella.

Non le risposi mentre mi affrettavo verso la porta. Quello era un modo diverso di guardare la situazione. Bella avrebbe voluto conoscere Alice? Essere amica di un vampiro?

Conoscendo Bella... questa idea non l'avrebbe minimamente infastidita.

Mi accigliai. Ciò che Bella voleva e ciò che era meglio per lei erano due cose separate.

Iniziai a sentirmi a disagio mentre parcheggiavo la mia macchina nel vialetto di Bella. Il proverbio degli umani diceva che le cose appaiono diverse al mattino – che le cose cambiano quando ci dormi su. Sarei sembrato diverso per Bella alla leggera luce del giorno nebbioso? Più o meno minaccioso di quanto ero stato nell'oscurità della notte? La verità era filtrata mentre dormiva? Sarebbe stata finalmente spaventata?

I suoi sogni, comunque, erano stati tranquilli la scorsa notte. Quando aveva pronunciato il mio nome, più e più volte, aveva sorriso. Più di una volta, aveva mormorato una preghiera per me, per farmi restare. Non avrebbe significato nulla oggi?

Aspettai nervosamente, ascoltando il suo rumore all'interno della casa – i passi veloci e incespicanti per le scale, l'acuto squarcio di un foglio incartato, il contenuto del frigorifero sbattere l'uno contro l'altro quando chiudeva lo sportello. Sembrava fosse di fretta. Ansiosa di andare a scuola? Il pensiero mi fece sorridere, di nuovo speranzoso.

Lanciai un'occhiata all'orologio. Ipotizzai, prendendo in considerazione che la velocità del suo decrepito pick up l'avrebbe limitata, che stava correndo per il breve ritardo.

Bella si affrettò via da casa, lo zaino che scivolava dalla sua spalla, i suoi capelli in disordine attorcigliati su una parte della collo. Il leggero maglione verde che indossava non era le impediva di curvare le spalle per la nebbia fredda.

Il lungo maglione era troppo grande per lei, poco lusinghiero. Mascherava la sua figura slanciata, rendendo le sue delicate curve e le morbide linee senza forma. Lo apprezzai quasi quanto avrei sperato che indossasse qualcosa come la leggera camicia blu che aveva indossato la sera scorsa... il tessuto aderiva alla sua pelle in modo così attraente, tagliato abbastanza in basso da rivelare le affascinanti curve del suo collo, dall'incavo fino alla sua gola. Il blu fluiva come acqua lungo la sottile forma del suo corpo...

Era meglio, fondamentale, che tenessi i miei pensieri lontani, lontani da quell'immagine, così fui grato che stesse indossando un maglione che non le donava. Non potevo permettermi di fare errori, e sarebbe stato uno sbaglio colossale indugiare sugli strani desideri che il pensiero delle sue labbra... della sua pelle... del suo corpo... si stavano agitando liberi dentro me. Desideri che non mi avevano mai invaso per un centinaio d'anni. Ma non potevo azzardarmi di pensare di toccarla, perché era impossibile.

L'avrei spezzata.

Bella si voltò lontano da casa, così di fretta che corse vicino la mia macchina senza notarla.

Poi slittò per fermarsi, le sue ginocchia chiuse come quelle di un puledro spaventato. La borsa scivolò giù dal suo braccio, e i suoi occhi si spalancarono mentre si focalizzavano sulla macchina.

Uscii, senza prendermi la briga di muovermi a velocità umana, e le aprii la portiera del passeggero. Non avrei più cercato di ingannarla – quando eravamo soli, almeno, sarei potuto essere me stesso.

Lei mi guardò, sussultando di nuovo mentre sembrò che mi materializzassi attraverso la nebbia. E poi la sorpresa dei suoi occhi si trasformò in qualcos'altro, e non fui più spaventato, o speranzoso, che i suoi sentimenti nei miei confronti nel corso della notte fossero cambiati. Calore, meraviglia, fascino, nuotarono nei suoi occhi di cioccolato fuso.

“Hai bisogno di un passaggio?” chiesi. Al contrario della cena della scorsa sera, le avrei lasciato scelta. Da adesso in poi, sarebbe dovuto sempre essere una sua scelta.

“Sì, grazie,” mormorò, montando senza esitazione sulla mia macchina.

Avrebbe mai smesso di emozionarmi, il fatto che ero l'unico a cui lei stava acconsentiva? Ne dubitai.

Girai attorno la macchina come un fulmine, eccitato di raggiungerla. Non mostrò nessun segno di shock alla mia improvvisa riapparizione.

La felicità che sentii mentre sedeva accanto a me non aveva precedenti. Per quanto mi divertisse l'amore e la compagnia della mia famiglia, nonostante i vari divertimenti e distrazioni che il mondo aveva da offrire, non ero mai stato così felice. Anche sapendo che era sbagliato, che non sarebbe potuto finire bene, non riuscivo a trattenere a lungo un sorriso dal mio volto.

La mia giacca era ripiegata sul poggiatesta del suo sedile. Vidi che le lanciò un'occhiata.

“Ti ho portato questo,” le dissi. Questa era la mia scusa, avevo avuto bisogno di procurarmene una, per essere apparso questa mattina senza invito. Faceva freddo. Non aveva una giacca. Di sicuro era una gradevole forma di cortesia. “Non volevo che ti prendessi un raffreddore o qualcosa del genere.”

“Non sono così delicata,” disse, fissando il mio petto piuttosto che il mio viso, come stesse esitando ad incontrare ad incontrare i miei occhi. Ma prese la giacca prima che dovessi ricorrere ad un ordine o ad un'adulazione.

“Ah, no?” mormorai a me stesso.

Fissò la strada mentre acceleravo verso scuola. Riuscivo a sopportare il silenzio solo per pochi secondi. Dovevo conoscere i suoi pensieri questa mattina. Era cambiato così tanto tra di noi dall'ultima volta che il sole era sorto.

“Ehi, oggi niente questionario?” le chiesi, mantenendomi ancora sul leggero.

Lei sorrise, sembrando felice che avessi affrontato l'argomento. “Le mie domande ti innervosiscono?”

“Non quanto le tue reazioni,” le dissi con onestà, sorridendo in risposta al suo sorriso.

La sua bocca si piegò all'ingiù. “Reagisco male?”

“No, è proprio lì il problema. Sei sempre così tranquilla... è innaturale.” Era da molto che nessuno gridava. Come poteva essere? “Mi chiedo cosa ti passi per la testa.” Di sicuro, qualsiasi cosa facesse o meno mi avrebbe sorpreso.

“Ti dico sempre ciò che mi passa per la testa.”

“Ma lo censuri.”

Strinse di nuovo i denti sulle sue labbra. Non sembrava notare quando lo faceva – era un'inconsapevole risposta alla tensione. “Non granché.”

Solo queste parole erano tali da far infuriare la mia curiosità. Cosa mi teneva di proposito nascosto?

“Abbastanza da farmi impazzire,” dissi.

Esitò, poi sussurrò. “Sei tu che non vuoi sentirlo.”

Dovetti riflettere per un momento, rivedere l'intera conversazione della scorsa sera, parola per parola, prima di fare la connessione. Forse ci volle così tanta concentrazione perché non riuscivo ad immaginare niente che non volessi lei mi dicesse. E poi ricordai – poiché il tono della sua voce era lo stesso della scorsa sera; ci fu di nuovo un improvviso dolore. Per una volta, le avevo chiesto di non esprimere i suoi pensieri. Non dirlo mai, le avevo ringhiato. L'avevo fatta piangere...

Ero questo quello che mi teneva nascosto? La profondità dei suoi sentimenti per me? Che il mio essere mostro non le importava, e che pensava fosse troppo tardi per cambiare idea?

Non riuscii a parlare, perché la gioia e il dolore erano troppo forti per le parole, il conflitto tra di loro troppo selvaggio per consentire una risposta coerente. La macchina restò in silenzio tranne per il calmo ritmo del suo cuore e dei suoi polmoni.

“Ma i tuoi fratelli dove sono?” chiese improvvisamente.

Feci un respiro profondo – per registrare l'odore nella macchina per la prima volta con vero dolore; mi stavo abituando, realizzai con soddisfazione – e mi sforzai di fare l'indifferente.

“Hanno preso la macchina di Rosalie,” parcheggiai nello spazio vicino la macchina in questione. Nascosi il mio sorriso mentre osservavo i suoi occhi spalancarsi. “Appariscente, eh?”

“Uh, caspita, se lei ha quella, perché si fa scarrozzare da te?”

Rosalie si sarebbe divertita della reazione di Bella... se fosse stata obiettiva verso di lei, cosa che non sarebbe successa.

“Come ho detto è appariscente. Noi ci sforziamo di passare inosservati.”

“Non ci riuscite,” mi disse, e poi rise spensierata.

L'allegro, completamente indisturbato suono della sua risata mi scaldò dentro il petto anche mentre la mia mente nuotava nel dubbio.

“Ma allora, perché Rosalie oggi ha preso la sua macchina, se è così vistosa?” domandò.

“Non te ne sei accorta? Sto infrangendo tutte le regole.”

La mia risposta avrebbe dovuto essere un po' spaventosa, eppure, ovviamente, Bella sorrise.

Non aspettò che le aprissi la porta, come la scorsa sera. Dovevo fingermi normale qui a scuola – quindi non potei muovermi veloce abbastanza da anticiparla – ma avrebbe solo dovuto abituarsi ad essere trattata con più cortesia, e sarebbe successo presto.

Camminai vicino al suo fianco per quanto potevo permettermi, osservando attentamente qualsiasi segno la mia vicinanza avrebbe potuto causare. La sua mano si allungò due volte verso la mia e poi la ritirò. Sembrava volesse toccarmi... Il mio respiro accelerò.

“Ma perché comprate macchine del genere, se siete gelosi della vostra privacy?,” chiese mentre camminavamo.

“Un capriccio,” ammisi. “Ci piace andare veloce.”

“Ovviamente,” mormorò, il suo tono acido.

Non alzò lo sguardo per osservare il mio sorriso di risposta.

Nooo! Non ci credo! Come diavolo ha fatto Bella a riuscirci? Non lo sopporto! Perché?

La mente di Jessica interruppe i miei pensieri. Stava aspettando Bella, riparandosi dalla pioggia sotto il tetto della mensa, con il giubbotto di Bella tra le braccia. I suoi occhi erano spalancati dall'incredulità.

Anche Bella la notò, un momento dopo. Quando registrò l'espressione di Jessica un leggero rosa tinse le sue guance. I pensieri di Jessica erano chiaramente dipinti sul suo viso.

“Ehi, Jessica. Grazie per essertene ricordata,” la salutò Bella. Si allungò per il giubbotto e Jessica glielo porse senza dire una parola.

Avrei dovuto essere educato con gli amici di Bella, sia che fossero buoni amici sia che non lo fossero. “Buongiorno, Jessica.”

Woaa...

Gli occhi di Jessica si spalancarono ancora di più. Era strano e divertente... e, onestamente, un po' imbarazzante... realizzare quanto la vicinanza di Bella mi avesse addolcito. Sembrava che non spaventassi più nessuno. Se Emmett lo avesse scoperto, avrebbe riso per il prossimo secolo.

“Ehm... ciao,” mormorò Jessica, e i suoi occhi si lanciarono verso il viso di Bella, carichi di significato. “Beh, ci vediamo a trigonometria.”

Sputerai il rospo. Non cerco una risposta. Dettagli. Voglio dettagli! Quel fico di Edward Cullen! La vita è così ingiusta.

La bocca di Bella si contorse. “D'accordo, ci vediamo dopo.”

I pensieri di Jessica correvano selvaggi mentre si affrettava verso la sua prima lezione, sbirciando di tanto in tanto da sopra le spalle.

L'intera storia. Non accetterò niente di meno. Avevano programmato di incontrarsi la scorsa sera? Avevano un appuntamento? Da quanto? Da quanto ha potuto tenerlo segreto? Perché voleva farlo? Non è una cosa normale, deve essere seriamente innamorata di lui. C'è qualche altra possibilità? La troverò. Non sopporto di non sapere. Penso che si vedano. Oh, svengo... I pensieri di Jessica si scollegarono improvvisamente, e lasciò che fantasie impronunciabili vorticassero nella sua mente. Mi ritrassi dalle sue congetture, e non solo perché in quelle immagini mentali aveva rimpiazzato Bella.

Non avrebbe potuto essere così. E anche io... io volevo...

Tentai di resistere ad ammetterlo, anche con me stesso. In quanti modi sbagliati avrei voluto che Bella fosse coinvolta? In quello che alla fine l'avrebbe uccisa?

Scossi la testa, cercando di schiarirmi le idee.

“Cosa le racconterai?” chiesi a Bella.

“Ehi,” sussurrò intensamente. “Ma allora mi leggi nel pensiero!”

“No.” La fissai, sorpreso, cercando di dare un senso alle sue parole. Ah, dovevamo aver pensato alla stessa cosa nello stesso momento. Uhm... Lo preferivo. “Però,” le dissi, “posso leggere il suo: ti prenderà d'assalto appena entri in classe.”

Bella si lamentò, e poi si lasciò scivolare via la giacca dalle spalle. All'inizio non mi ero reso conto che me la stava ritornando – non gliela avrei chiesta; avrei preferito che la tenesse... come simbolo – così fui lento ad offrirle il mio aiuto. Me la porse, e s'infilò la sua, senza alzare lo sguardo per vedere le mie mani tese ad aiutarla. Mi accigliai, e poi mi ricomposi prima che potesse notarlo.

“Perciò, cosa le racconterai?” Insistetti.

“Mi dai un aiutino? Cosa vuole sapere?”

Le sorrisi, scuotendo la testa. Volevo sentire cosa stava pensando senza suggerimenti. “Non è corretto.”

Strinse gli occhi. “No, non è corretto che tu non metta a disposizione certe informazioni.”

Giusto, non le piacevano doppie misure.

Eravamo davanti la porta della sua prima lezione, dove avrei dovuto lasciarla; pensai inutilmente se la Signorina Cope sarebbe stata più accomodante a proposito del cambio della mia lezione di Inglese... Mi concentrai su me stesso. Avrei potuto essere onesto.

“Vuole sapere se usciamo assieme di nascosto,” le dissi lentamente. “E vuole che tu le dica ciò che provi per me.”

I suoi occhi si spalancarono, non spaventati, ma ingegnosi adesso. Erano aperti per me, leggibili. Si stava fingendo innocente.

“Oddio,” mormorò. “E io cosa dovrei risponderle?”

“Uhm.” Cercava sempre di lasciarmi andare più di quanto facesse lei. Ponderai la risposta.

Una ciocca fuori posto tra i suoi capelli, leggermente umida per la nebbia, le scivolò lungo la spalla e si curvò attorno l'incavo del collo nascosto dal ridicolo maglione. Attirò il mio sguardo... spingendolo attraverso altre linee nascoste...

Lo afferrai con attenzione, senza toccare la sua pelle, il mattino era freddo abbastanza anche senza il mio tocco, e lo rimisi a posto tra il disordinato resto così che non mi distraesse di nuovo. Ricordai quando Mike Newton aveva toccato i suoi capelli, e contrassi la mascella al ricordo. Quella volta si era tirata indietro. La sua reazione adesso non era per niente la stessa; al contrario, spalancò leggermente gli occhi, un impeto di rossore sotto la sua pelle, e un improvviso, irregolare battito nel suo cuore.

Cercai di nascondere il mio sorriso mentre rispondevo alla sua domanda.

“Penso che potresti rispondere di sì alla prima domanda... se non è un problema per te,” una sua scelta, sempre una sua scelta, “è la spiegazione più facile da dare.”

“Non è un problema,” sussurrò. Il suo cuore non aveva ancora ritrovato il suo normale ritmo.

“Quanto all'altra...” Adesso non riuscii a trattenere un sorriso. “Beh, anch'io sarò curioso di sentire la risposta.”

Avrei lasciato che Bella lo considerasse. Trattenni una risata mentre lo shock le attraversava il viso.

Mi voltai velocemente, prima che potesse farmi qualche altra domanda. Era difficile non darle quello che chiedeva. E io volevo sentire i suoi pensieri, non i miei.

“Ci vediamo a pranzo,” le dissi da sopra le mie spalle, una scusa per controllare se mi stava ancora fissando, con gli occhi spalancati. La sua bocca aperta. Mi voltai di nuovo, e risi.

Mentre camminavo via, ero vagamente consapevole degli scioccati e rischiosi pensieri che mi vorticavano attorno, occhi che rimbalzavano avanti e indietro tra il viso di Bella e la mia figura che si allontanava. Gli prestai poca attenzione. Non potevo concentrarmi. Era già abbastanza difficile mantenere il mio passo ad una velocità accettabile mentre attraversavo l'erba fradicia per la mia prossima lezione. Volevo correre, correre davvero, così veloce da scomparire, così veloce che sarebbe sembrato che stessi volando. Una parte di me stava già volando.

Quando arrivai a lezione indossai la giacca, lasciando che il suo profumo denso mi avvolgesse. Stavo bruciando adesso – per lasciare che il suo odore mi desensibilizzasse – e più tardi sarebbe stato più facile ignorarlo, quando sarei stato di nuovo con lei a pranzo...

Fu un bene che i miei insegnanti non si disturbarono a chiamarmi. Oggi sarebbe stato il giorno in cui mi avrebbero colto in fallo, impreparato e senza un risposta. Stamattina la mia mente era in così tanti posti; soltanto il mio corpo era in classe.

Ovviamente stavo osservando Bella. Stava diventando naturale, automatico come respirare. Sentivo la sua conversazione con un Mike Newton demoralizzato. Velocemente diresse l'argomento verso Jessica, e feci un sorriso così ampio che Rob Sawyer, seduto al banco alla mia destra, si tirò visibilmente indietro e scivolò più profondo nella sedia, lontano da me.

Ugh. Raccapricciante.

Beh, non ero completamente perso.

Stavo controllando Jessica con scioltezza, osservandola definire le sue domande per Bella. Potevo aspettare a mala pena la quarta ora, dieci volte più eccitato e ansioso della curiosa umana che aveva voglia di un nuovo pettegolezzo.

E stavo anche ascoltando Angela Weber.

Non avevo dimenticato la gratitudine che sentivo verso di lei, in primo luogo per non pensare a nient'altro che a ciò che è giusto per Bella, e poi per il suo aiuto la scorsa sera. Così aspettai tutta la mattinata, cercando qualcosa che desiderasse. Ipotizzai che sarebbe stato semplice; come qualsiasi altro umano, doveva esserci qualche fronzolo o giocattolo che volesse in particolare. Molti, con ogni probabilità. Avrei consegnato qualcosa in via anonima e con mittente ugualmente anonimo.

Ma Angela nei suoi pensieri era poco accomodante quasi quanto Bella. Era stranamente contenta per essere un adolescente. Felice. Forse era questa la ragione della sua insolita gentilezza, era una di quelle rare persone che avevano quello che volevano e volevano quello che avevano. Se non stava prestando attenzione agli insegnanti e ai suoi appunti, pensava ai due fratelli gemelli più piccoli che doveva portare in spiaggia questo fine settimana, anticipando la loro eccitazione con un piacere quasi materno. Si prendeva spesso cura di loro, ma non era risentito... era molto dolce.

Però non mi fu molto d'aiuto.

Ci doveva essere qualcosa che desiderava. Avrei solo dovuto continuare a guardare. Ma era tardi. Era arrivato il momento della lezione di Bella di trigonometria con Jessica.

Non badavo a dove stavo andando mentre facevo la strada per Inglese. Jessica era già al suo posto, entrambi i piedi che battevano impazientemente contro il pavimento mentre aspettava che arrivasse Bella.

Al contrario, una volta che in classe mi accomodai al mio posto assegnato, diventai completamente immobile. Dovevo ricordarmi di agitarmi di tanto in tanto. Di mantenere le apparenze. Era difficile, i miei pensieri concentrati su quelli di Jessica. Sperai che prestasse attenzione, tentando davvero di leggere per me il viso di Bella.

Il calpestio di Jessica s'intensificò mentre Bella camminava nell'aula.

Sembra... depressa. Perché? Forse non sta funzionando con Edward Cullen. Deve essere una delusione. Eccetto che... allora è ancora disponibile... Se è improvvisamente interessato ad avere appuntamenti, non mi dispiacerebbe dargli una mano...

Il viso di Bella non sembrava depresso, piuttosto riluttante. Era preoccupata, sapeva che avrei sentito. Sorrisi tra me e me.

“Dimmi!” domandò Jessica mentre Bella si stava ancora togliendo la giacca per appenderla allo schienale della sua sedia. Si stava muovendo con lentezza, controvoglia.

Ugh, è così lenta. Arriva al succo!

“Cosa vuoi sapere?” Temporeggiò Bella mentre prendeva posto.

“Cosa è successo ieri sera?”

“Mi ha portata a cena, poi mi ha accompagnata a casa.”

E poi? Andiamo, ci dev'essere stato molto di più! Comunque sta mentendo, lo so. Lo chiederò a lei.

“Come hai fatto a tornare a casa così presto?”

Vidi Bella alzare gli occhi al cielo al sospetto di Jessica.

“Guida come un pazzo. Ero terrorizzata.”

Fece un timido sorriso, e risi ad alta voce, interrompendo l'annuncio del Professor Mason. Cercai di trasformare la risata in tosse, ma nessuno ci cascò. Il professor Mason mi lanciò un'occhiata irritata, ma ancora non mi disturbai ad ascoltare il pensiero dietro di essa. Stavo ascoltando Jessica.

Huh. Sembra che stia dicendo la verità. Perché le devo tirare tutto, parola per parola? Mi sarei vantata dalla cima dei miei polmoni se fossi stata io.

“E' stato una specie di appuntamento? Eravate d'accordo?”

Jessica vide la sorpresa nell'espressione di Bella, e fu delusa da quanto sembrasse autentica.

“No... sono stata molto sorpresa di incontrarlo,” le disse Bella.

Che sta succedendo? “Ma oggi ti ha accompagnata a scuola, no?” domandò Jessica. Ci deve essere di più da raccontare.

“Sì... ma anche questa è stata una sorpresa. Ieri sera si è accorto che ero rimasta senza giacca.”

Quello non è molto divertente, pensò Jessica, delusa di nuovo.

Ero stanco della sua sfilza di quesiti, volevo sentire qualcosa che già non sapevo. Sperai che non fosse così insoddisfatta da saltare le domande che stavo aspettando.

“Perciò, uscirete ancora?” domandò Jessica.

“Si è offerto di accompagnarmi a Seattle, sabato, perché è convinto che il mio pick-up non ce la farà. Vale come appuntamento?”

Uhm. Di sicuro fa parte del suo modo di.. beh, prendersi cura di lei, o qualcosa del genere. Dev'esserci qualche suo aspetto, se non è di lei. Come può essere? Bella è pazza.

“Sì,” Jessica rispose alla domanda di Bella.

“Beh, allora,” concluse Bella. “Sì.”

“Wow... Edward Cullen.” Che le piaccia o meno, questa è la cosa più importante.

“Lo so,” sospirò Bella.

Il tono della sua voce incoraggiò Jessica. Finalmente, sembra che ci sia arrivata! Deve essersi accorta...

“Aspetta!” disse Jessica, ricordandosi improvvisamente la domanda più vitale. “Ti ha baciata?” Per favore dì di sì. E poi descrivi ogni secondo!

“No,” mormorò Bella, e poi guardò giù verso le sue mani, abbassando il viso. “Non è come pensi.”

Dannazione. Spero... ah. Sembra l'abbia fatto lei.

Mi accigliai. Bella sembrava triste per qualcosa, ma non poteva essere la delusione che aveva presunto Jessica. Non poteva volerlo. Non conoscendo ciò che conosceva. Non poteva voler avvicinarsi ai miei denti. Per tutto quello che sapeva, avevo le zanne.

Rabbrividii.

“Pensi che sabato...?” pungolò Jessica.

Bella sembrò molto più frustrata mentre rispondeva, “Ne dubito fortemente.”

Sì, lo spera. Fa schifo.

Era perché stavo guardando attraverso il filtro delle percezioni di Jessica che sembrava avesse ragione?

Per mezzo secondo fui distratto dall'idea, dall'impossibilità, di come sarebbe stato provare a baciarla. Le mie labbra sulle sue, fredda pietra contro la calda, tenera seta...

E poi sarebbe morta.

Scossi la testa, sussultando, e mi costrinsi a prestare attenzione.

“Di cosa avete parlato?” Gli hai parlato, o lo hai costretto a cavarti ogni piccola informazione in questo modo?

Sorrisi con rimpianto. Jessica non era tanto lontana.

“Non so, Jess, di un sacco di cose. Abbiamo parlato del saggio di inglese per un po'.”

Per molto poco. Feci un grande sorriso.

Oh, andiamo. “Ti prego Bella! Qualche particolare in più.”

Bella rifletté per un momento.

“Beh d'accordo, uno solo. Avresti dovuto vedere la cameriera; gli ha fatto una corte spietata. Ma lui non se l'è filata!”

Che strano dettaglio da mostrare, Ero sorpreso che Bella l'avesse pure notato. Sembrava una cosa incoerente.

Interessante... “Buon segno. Era carina?”

Uhm. Jessica ci pensò molto più di me. Doveva essere una cosa tra ragazze.

“Molto,” le disse Bella. “E avrà avuto diciannove o vent'anni.”

Jessica fu momentaneamente distratta da un ricordo di Mike al suo appuntamento dello scorso lunedì sera, Mike che faceva il carino con una cameriera che Jessica aveva considerato per niente bella. Allontanò il ricordo e ritornò, soffocando l'irritazione, alla sua domanda sui dettagli.

“Meglio ancora. Vuol dire che gli piaci.”

“Penso di sì,” disse lentamente Bella, ed ero sul bordo della mia sedia, il mio corpo rigidamente immobile. “Ma è difficile dirlo. E' sempre così criptico.”

Non dovevo essere stato così trasparentemente palese e fuori controllo come avevo pensato. Anche... attenta com'era... come poteva non accorgersi che ero innamorato di lei? Setacciai la nostra conversazione, quasi sorpreso che non avessi detto le parole ad alta voce. Sembrava che quella conoscenza fosse stata il sottofondo di ogni parola scambiata.

Wow. Come puoi sederti qui di fronte ad un modello e fare conversazione?

“Non so dove trovi il coraggio di restare sola con lui,” disse Jessica.

Lo shock fulminò il viso di Bella. “Perché?”

Strana reazione. Cosa pensa che voglia dire? “Mette così...” Qual era la giusta parola? “In soggezione. Io non saprei cosa dirgli.” Oggi non riuscivo nemmeno a parlare inglese con lui, e tutto quello che mi ha detto è stato buongiorno. Devo essere sembrata un'idiota.

Bella sorrise. “A dir la verità, anch'io ho qualche problema di lucidità quando è nei paraggi.”

Stava cercando di far sentire meglio Jessica. Era quasi in pieno possesso di se stessa in modo innaturale quando eravamo insieme.

“Oh, beh,” sospirò Jessica. “E' bello da non crederci, non c'è dubbio.”

Il viso di Bella si accaldò all'improvviso. I suoi occhi si illuminarono nello stesso modo di quando risentiva di qualche ingiustizia. Jessica non si accorse del cambiamento della sua espressione.

“E poi, in lui, c'è molto altro,” sbottò Bella.

Ohhh. Adesso stiamo arrivando da qualche parte. “Davvero?”

Bella si mordicchiò il labbro per un momento. “Non so come spiegarlo,” disse infine. “Ma dietro la facciata è ancora più incredibile.” Guardò oltre Jessica, i suoi occhi leggermente offuscati come se stesse osservando qualcosa di molto lontano.

La sensazione che provai adesso era vagamente simile a quando Carlisle o Esme mi lodavano più di quanto meritassi. Simile, ma molto più intensa, più struggente.

Manda gli stupidi da qualche altra parte, non c'è niente di meglio di un bel viso! Se non il suo corpo. Svengo. “Davvero?” ridacchiò Jessica.

Bella non si girò. Continuò a fissare in lontananza, ignorando Jessica.

Una persona normale starebbe gongolando. Forse se facessi domande semplici. Ah ah. Come se stessi parlando con una bambina dell'asilo. “Perciò ti piace?”

Ero di nuovo immobile.

Bella non guardò Jessica. “Sì.”

“Voglio dire, ti piace davvero?”

“Sì.”

Guarda è arrossita!

Io lo ero.

“Quanto ti piace?” domandò Jessica.

La classe di Inglese avrebbe potuto incendiarsi e io non me ne sarei accorto. Adesso il viso di Bella era rosso brillante, potevo quasi sentirne il calore, dall'immagine mentale.

“Troppo,” sussurrò. “Più di quanto io piaccia a lui. Ma credo proprio di non poterci fare niente.”

Cavolo! Che cosa ha appena chiesto il professor Varner? “Uhm, che numero, professore?”

Era un bene che Jessica non potesse più interrogare Bella. Avevo bisogno di un minuto.

Che diavolo stava pensando quella ragazza? Più di quanto io piaccia a lui? Come poteva uscirsene così? Ma credo proprio di non poterci fare niente. Cosa voleva dire? Non riuscivo a dare una spiegazione razionale a quelle parole. Erano praticamente senza senso.

Sembrava che non potessi dar nulla per scontato. Le cose ovvie, le cose che avevano perfettamente senso, in qualche modo venivano distorte e rivoltate dal suo bizzarro cervello. Più di quanto io piaccia a lui? Forse non avrei ancora dovuto scartare il manicomio.

Lanciai un'occhiata all'orologio, digrignando i denti. Come potevano dei banali minuti sembrare impossibilmente lunghi per un immortale? Dov'era finita la mia prospettiva?

Strinsi la mascella per tutta l'intera lezione di trigonometria del professor Varner. Avevo già sentito molto di più nella lettura della mia lezione. Bella e Jessica non parlarono di nuovo, ma Jessica sbirciò spesso Bella, e in una di quelle il suo viso era ancora di un brillante rosso scarlatto per nessuna ragione precisa.

Il pranzo non poteva arrivare più in fretta.

Non ero sicuro che Jessica avrebbe fatto le altre domande che stavo aspettando per quando la lezione fosse terminata, ma Bella fu più svelta del solito.

Appena la campanella suonò, Bella si girò verso Jessica.

“Durante inglese Mike chiedeva se tu mi avessi raccontato qualcosa di lunedì sera,” disse Bella, un sorriso spuntava dagli angoli della sua bocca. Compresi per cos'era, l'attacco era sempre la miglior difesa.

Mike ha chiesto di me? La gioia rese la mente di Jessica improvvisamente indifesa, più dolce, senza il solito nervosismo da serpe. “Stai scherzando? E tu?”

Gli ho risposto che ti sei divertita parecchio... sembrava compiaciuto.

Ripetimi tutto quello che vi siete detti, parola per parola.

Chiaramente, era tutto ciò che oggi avrei ottenuto da Jessica. Bella stava sorridendo come stesse pensando la stessa cosa. Come se avesse vinto il round.

Beh, il pranzo sarebbe stato un'altra storia. Avrei ottenuto più successo facendole io le domande piuttosto che Jessica, me ne sarei assicurato.

Potevo a mala pena sopportare di controllare occasionalmente Jessica per la quarta ora. Non avevo pazienza per i suoi ossessivi pensieri su Mike Newton. Ne avevo avuto abbastanza di lui nelle due ultime settimane. Era fortunato ad essere ancora vivo.

Mi mossi apaticamente nella palestra con Alice, il modo in cui ci spostavamo quando facevamo attività fisica con gli umani. Eravamo compagni di squadra, ovviamente. Era il primo giorno di badminton. Sospirai di noia, roteando la racchetta in un lento movimento per colpire il birdie verso l'altra parte. Lauren Mallory che era nell'altro team, la mancò. Alice stava girando la sua racchetta come un manganello, fissando il soffitto.

Odiavamo tutti la palestra, specialmente Emmett. I giochi di lancio erano un affronto alla nostra personale filosofia. La palestra oggi sembrava anche peggio del solito, mi sentivo irritato quanto lo era sempre Emmett.

Prima che la mia testa potesse esplodere per l'impazienza, l'allenatore Clapp richiamò i giochi e ci mandò via prima. Fui ridicolamente grato che avesse saltato la colazione – un recente tentativo di dieta – e che la conseguente fame lo avesse indotto a lasciare di fretta il campo per cercare da qualche parte un grasso pranzo. Si era promesso che avrebbe cominciato da domani...

Questo mi diede abbastanza tempo per raggiungere l'edificio di matematica prima che la lezione di Bella terminasse.

Divertiti, pensò Alice mentre si dirigeva per incontrare Jasper. Soltanto pochi giorni di pazienza. Suppongo che tu non possa dire ciao a Bella da parte mia, vero?

Scossi la testa, esasperato. Tutti coloro che vedevano il futuro erano così compiaciuti?

Per tua informazione, sarà soleggiato da entrambi le parti della costa questo fine settimana. Dovrai riorganizzare i tuoi programmi.

Sospirai mentre continuavo nella direzione opposta. Compiaciuta, ma in definitiva utile.

Mi appoggiai contro il muro vicino la porta, aspettando. Ero abbastanza vicino da sentire bene attraverso i mattoni sia la voce di Jessica che i suoi pensieri.

“Oggi non mangi assieme a noi, vero?” Sembra tutta... su di giri. Scommetto che ci sono un casino di cose che non mi ha detto.

“Non penso,” rispose Bella, stranamente insicura.

Non le avevo promesso che avrei passato il pranzo con lei? Cosa stava pensando?

Uscirono insieme dalla lezione, e gli occhi di entrambe si spalancarono quando mi videro. Ma potevo sentire solo Jessica.

Fico. Wow. Oh, sì, c'è molto di più di quanto mi sta dicendo. Forse la chiamerò stasera... O forse non dovrei incoraggiarla. Huh. Spero che la lasci in fretta. Mike è carino ma... wow.

“A dopo, Bella.”

Bella camminò verso di me, fermandosi lontana di un passo, ancora insicura. La sua pelle era rosa sulle sue guance.

Adesso la conoscevo abbastanza da essere sicuro che non vi era paura dietro la sua esitazione. In apparenza, era qualche abisso che aveva immaginato tra i suoi sentimenti e i miei. Più di quanto io piaccia a lui. Assurdo!

“Ciao,” dissi, la mia voce un po' brusca.

Il suo viso si schiarì. “Ciao.”

Non sembrò incline ad aggiungere altro, così feci strada verso la mensa e lei camminò silenziosamente accanto a me.

La giacca aveva funzionato, il suo profumo non fu il solito colpo. Era solo un'intensificazione del dolore che avevo già provato. Potevo ignorarlo molto più facilmente di quanto una volta avevo creduto possibile.

Bella era irrequieta mentre aspettavamo in fila, giocanva assente con la cerniera della sua giacca e si spostava nervosamente da un piede all'altro. Mi lanciò spesso un'occhiata, ma quando incontrava il mio sguardo, abbassava gli occhi come fosse imbarazzata. Era perché molte persone ci stavano fissando? Forse poteva sentire i rumorosi bisbigli, oggi il pettegolezzo era sia verbale che mentale.

O forse si era accorta, dalla mia espressione, che era nei guai.

Non disse nulla finché non riunii il suo pranzo. Non sapevo cosa le piaceva, non ancora, così presi uno di ogni cosa.

“Cosa fai?” sibilò a bassa voce. “Non starai prendendo tutta quella roba per me?”

Scossi la testa, mostrando il vassoio alla cassa. “Metà è per me, ovviamente.”

Sollevò scettica un sopracciglio, ma non aggiunse altro mentre pagavo il cibo e la scortavo al tavolo dove ci eravamo seduti la scorsa settimana prima della sua disastrosa esperienza con i gruppi sanguigni. Sembravano molto più che pochi giorni. Adesso ogni cosa era diversa.

Prese di nuovo posto di fronte a me. Spinsi il vassoio verso di lei.

“Scegli pure,” la incoraggiai.

Prese una mela e se la girò tra le mani, uno sguardo meditativo sul suo viso.

“Sono curiosa.”

Che sorpresa.

“Come reagiresti se qualcuno ti sfidasse a mangiare del cibo?” continuò in una voce così bassa che non sarebbe giunta ad orecchie umane. Le orecchie immortali erano un altro problema, sempre che stessero prestando attenzione. Probabilmente avrei dovuto prima accennargli qualcosa...

“Curiosa come al solito,” mi lamentai. Oh beh. Non che non avessi mai dovuto mangiare prima d'ora. Era parte dell'apparenza. Una spiacevole parte.

Raggiunsi la cosa più vicina, e sostenni il suo sguardo mentre mordevo un pezzo di qualsiasi cosa fosse. Senza guardare, non potevo dirlo. Era viscido e grosso come qualsiasi altro cibo umano. Lo masticai velocemente e inghiottii, cercando di evitare la smorfia sul mio viso. Il boccone di cibo si muoveva lentamente e a disagio lungo la mia gola. Sospirai mentre pensavo a come lo avrei soffocato più tardi. Disgustoso.

L'espressione di Bella era scioccata. Impressionata.

Volevo alzare gli occhi al cielo. Ovvio che avremmo perfezionato l'inganno.

“Se qualcuno ti sfidasse a mangiare spazzatura potresti farlo, no?”

Arricciò il naso e sorrise. “Una volta è successo... una scommessa. Non era così male.”

Risi. “La cosa non mi sorprende più di tanto.”

Sembrano intimi, no? Un buon linguaggio del corpo. Riprenderò Bella più tardi. Per quanto riesce si sta avvicinando verso di lei, come fosse interessato. Sembra interessato. Sembra... perfetto. Jessica sospirò. Yum.

Incontrai gli occhi curiosi di Jessica, e lei spostò lo sguardo nervosamente, ridacchiando con la ragazza vicino.

Hmm. Probabilmente è meglio appiccicarmi a Mike. Realtà, non fantasia...

“Jessica sta analizzando tutti i miei movimenti,” informai Bella. “Più tardi ti farà un resoconto dettagliato.”

Spinsi il piatto di cibo verso di lei – pizza, mi accorsi – pensando al modo migliore di iniziare. La mia precedente frustrazione infiammò mentre ripetevo le parole nella mia mente: Più di quanto io piaccia a lui. Ma credo proprio di non poterci fare niente.

Fece un morso allo stesso pezzo di pizza. La sua fiducia mi sorprese. Ovvio, non sapeva che ero velenoso – non che dividere il cibo l'avrebbe danneggiata. Di nuovo, mi aspettavo che mi trattasse in modo diverso. Come qualcos'altro. Non lo aveva mai fatto, almeno non in modo negativo...

Avrei iniziato gentilmente.

“Perciò, la cameriera era carina?”

Sollevò di nuovo un sopracciglio. “Non te ne sei accorto?”

Come se una qualsiasi altra donna avrebbe potuto distogliere la mia attenzione da Bella. Ancora assurdo.

“No, non ci ho fatto caso. Avevo altro per la testa.” Non per ultimo come aderiva dolcemente la sua leggera camicia...

Era un bene che oggi avesse indossato quel brutto maglione.

“Poveretta,” disse Bella, sorridendo.

Le faceva piacere che non avessi trovato in nessun modo interessante la cameriera. Potevo capirlo. Quante volte avevo immaginato di storpiare Mike Newton nell'aula di biologia?

Non poteva onestamente credere che i suoi sentimenti umani, il frutto di diciassette brevi anni mortali, potessero essere più forti della passione immortale che si era costruita in me dopo un secolo.

“Una delle cose che hai detto a Jessica,” non riuscii a mantenere il mio tono indifferente. “Beh, mi infastidisce un po'.”

Si mise immediatamente sulla difensiva. “Non mi sorprende che tu abbia sentito qualcosa di spiacevole. Sai quel che si dice di chi origlia...”

Chi origlia non sente mai cose buone sul suo conto, era ciò che stava dicendo.

“Ti ho avvertita che sarei rimasto in ascolto,” le ricordai.

“E io ti ho avvertito che non avresti gradito conoscere tutti i miei pensieri.”

Ah, stava pensando a quando l'avevo fatta piangere. Il rimorso rese la mia voce più rauca.

“In effetti, mi avevi avvertito. Però non credo tu abbia ragione fino in fondo. Voglio sapere sì ciò che pensi, e tutto. Soltanto mi piacerebbe... che non pensassi certe cose.”

Molto più di una mezza bugia. Sapevo che non avrei dovuto volere che fosse interessata a me. Ma non era così. Ovvio che lo volevo.

“Bella differenza,” brontolò, accigliandosi.

“Ma non è questo il problema, al momento.”

“E quale sarebbe?”

Si avvicinò verso di me, le sue mani avvolte leggermente attorno il suo collo. Attirarono il mio sguardo, distraendomi. Come doveva essere soffice quella pelle...

Concentrati, mi ordinai.

“Sei davvero convinta di piacermi meno di quanto io piaccia a te?” chiesi. La domanda mi sembrò ridicola, come se le parole si stessero accapigliando.

I suoi occhi si spalancarono, il suo respiro si fermò. Poi allontanò lo sguardo, sbattendo velocemente le ciglia. Il suo respiro diventò un basso affanno.

“Lo stai rifacendo,” mormorò.

“Cosa?”

“Stai cercando di incantarmi,” ammise, incontrando circospetta i miei occhi.

“Ah,” Hmm. Non ero molto sicuro su cosa fare. Neanche sicuro che non volessi abbagliarla. Ero ancora eccitato di poterlo fare. Ma non stava aiutando a far progredire la conversazione.

“Non è colpa tua.” Sospirò. “Non ci puoi fare niente.”

“Mi vuoi rispondere?” domandai.

Fissò il tavolo. “Sì.”

Fu tutto quello che disse.

“Sì mi vuoi rispondere, o sì ne sei davvero convinta?” chiesi con impazienza.

“Sì, ne sono convinta,” disse senza alzare lo sguardo. Vi era un leggero sfondo di tristezza nella sua voce. Arrossì di nuovo, e mosse inconsciamente i denti per infastidire il suo labbro.

All'improvviso, mi resi conto che era molto difficile per lei ammetterlo, perché lo credeva veramente. E non ero migliore di quel codardo, Mike, a chiederle conferma dei suoi sentimenti prima che io confermassi i miei. Non importava che mi sentivo come se avessi abbondantemente chiarito la mia parte. Non era stato approvato da lei, quindi non avevo scuse.

“Ti sbagli,” promisi. Doveva aver sentito la tenerezza nella mia voce.

Bella mi guardò, i suoi occhi ermetici, che non lasciavano trasparire nulla. “Non puoi esserne sicuro,” sussurrò.

Pensava che stessi sottovalutando i suoi sentimenti perché non potevo sentire i suoi pensieri. Ma, in verità, il problema era che lei stava sottovalutando i miei.

“Cosa te lo fa pensare?” chiesi.

Mi fissò di rimando, le sopracciglia corrugate, mordendosi le labbra. Per la milionesima volta, sperai disperatamente soltanto di poterla sentire.

“Ci devo riflettere,” insistette.

Finché stava semplicemente organizzando i suoi pensieri, potevo essere paziente.

O potevo fingerlo di esserlo.

Unì le mani, intrecciando e sciogliendo le esili dita. Mentre parlava osservava le sue mani come appartenessero a qualcun altro.

“Beh, ovvietà a parte,” mormorò. “A volte... non mi sento sicura – non sono capace di leggere il pensiero, io – e ogni tanto ho la sensazione che mentre mi dici certe cose in realtà tu stia cercando di lasciarmi perdere.” Non alzò lo sguardo.

L'aveva capito, allora? Si era resa conto che era soltanto la debolezza e l'egoismo a tenermi qui con lei? Perciò pensava male di me?

“Perspicace,” soffiai, e poi osservai con orrore mentre il dolore contorceva la sua espressione. Mi affrettai a contraddire la sua ipotesi. “Purtroppo è proprio qui che ti sbagli,” iniziai, e poi mi fermai, ricordando le prime parole della sua spiegazione. Mi avevano irritato, sebbene non fossi sicuro di aver esattamente capito. “Cosa intendi per 'ovvietà'?”

“Beh, guardami,” disse.

Io stavo guardando. Tutto quello che avevo fatto era stato guardarla. Cosa voleva dire?

“Sono una ragazza assolutamente normale... Certo, a parte difetti come gli incidenti quasi mortali e una goffaggine degna di un disabile. E guarda te.” Spostò l'aria verso di me, come se stesse parlando di una cosa così evidente che non meritava di essere pronunciata.

Pensava di essere normale? Pensava che fossi in qualche modo preferibile a lei? Per quale opinione? Per gli sciocchi, chiusi di mente e ciechi umani come Jessica o la signorina Cope? Come poteva non rendersi conto che era la più bella... la più squisita... Quelle parole non erano ancora abbastanza.

E non ne aveva idea.

“Credo che tu non abbia una buona percezione di te stessa,” le dissi. “Devo ammettere che quanto ai difetti ci hai azzeccato,” risi senza umorismo. Non trovavo per nulla comico il malvagio destino che le dava la caccia. La goffaggine, comunque, era divertente. Affettuosa. Mi avrebbe creduto se le avessi detto che era bellissima, dentro e fuori? Forse avrebbe trovato conferme molto più persuasive. “Ma tu non hai sentito cosa hanno pensato tutti gli studenti maschi di questa scuola quando ti hanno vista la prima volta.”

Ah, la speranza, l'emozione, l'eccitazione di quei pensieri. La velocità con la quale si trasformavano in fantasie impossibili. Impossibili, perché lei non voleva nessuno di loro.

Io ero l'unico alla quale aveva detto sì.

Il mio sorriso doveva essere compiaciuto.

Il suo viso era bianco di sorpresa. “Non ci credo,” mormorò.

“Per una volta fidati, se ti dico che sei l'esatto contrario della normalità.”

La sua sola esistenza era una scusa tale da giustificare la creazione del mondo intero.

Non era abituata ai complimenti, potevo capirlo. Un'altra cosa a cui avrebbe dovuto abituarsi. Arrossì, e cambiò argomento. “Ma io non sono intenzionata a lasciarti perdere.”

“Non capisci? E' la dimostrazione che ho ragione io. Ci tengo di più io di te, perché se ci riuscissi,” sarei stato abbastanza altruista da fare la cosa giusta? Scossi la testa disperato. Avrei dovuto trovare la forza. Meritava una vita. Non quella che Alice aveva visto arrivare per lei. “Se andarmene fosse la scelta migliore...” E doveva essere la cosa migliore, no? Non c'era nessun angelo avventato. Bella non mi apparteneva. “Sarei disposto a danneggiare me stesso, pur di non ferirti, pur di proteggerti.”

Appena dissi quelle parole, desiderai fossero vere.

Mi lanciò un'occhiataccia. In qualche modo, le mie parole l'avevano fatta arrabbiare. “E non credi sia lo stesso per me?” domandò furiosamente.

Così furiosa, così tenera e così fragile. Come poteva ferire qualcuno? “Non è a te che spetta questa scelta,” le dissi, di nuovo depresso dall'ampia differenza.

Mi fissò, l'ansia rimpiazzò la rabbia nei suoi occhi e accentuò la ruga tra di essi.

C'era qualcosa di veramente sbagliato nell'ordine dell'universo se qualcuno di così buono e così delicato non meritasse un guardiano angelo per toglierla fuori dai guai.

Beh, pensai con cupo umorismo, almeno ha un guardiano vampiro.

Sorrisi. Come amavo la mia scusa per restare. “Certo, darti protezione sta diventando un lavoro a tempo pieno che richiede la mia presenza costante.”

Sorrise anche lei. “Oggi nessuno ha cercato di farmi fuori,” disse leggermente, e il suo viso tornò meditativo per mezzo secondo prima che i suoi occhi divenissero di nuovo ermetici.

“Non ancora,” aggiunsi seccamente.

“Non ancora,” mi appoggiò, con mia sorpresa. Mi aspettavo che negasse qualsiasi bisogno di protezione.

Come può? Quell'idiota egoista! Come può farci questo? Il grido penetrante di Rosalie ruppe la mia concentrazione.

“Calmati, Rose,” sentii Emmett sussurrare attraverso la mensa. Il suo braccio era attorno le sue spalle, stringendola verso di lui, calmandola.

Scusami Edward, pensò Alice colpevole. Avrebbe potuto dedurre dalla vostra conversazione che Bella sapeva troppo.. e beh, sarebbe stato peggio se non le avessi la verità. Credimi.

Sussultai all'immagine mentale che seguì, a cosa sarebbe successo, se io avessi detto a Rosalie che Bella sapeva che ero un vampiro, a casa, dove Rosalie non aveva l'apparenza da mantenere. Avrei dovuto nascondere la mia Aston Martin da qualche parte fuori il continente se non si fosse calmata prima che fosse finita la scuola. La vista della mia macchina preferita, dilaniata e in fiamme, era sconvolgente, sebbene sapessi che mi meritavo la punizione.

Jasper non era più felice.

Avrei dovuto affrontare gli altri più tardi. Avevo così tanto tempo destinato a stare con Bella, e non avevo intenzione di sprecarlo. E sentire Alice mi aveva ricordato che avevo un po' di questioni da discutere.

“Ho un'altra domanda,” dissi, spegnendo l'isteria mentale di Rosalie.

“Spara,” disse Bella, sorridendo.

“Hai davvero bisogno di andare a Seattle, questo sabato, o era una scusa per evitare di dire di no a tutti i tuoi ammiratori?”

Fece una smorfia. “Guarda, non ti ho ancora perdonato per la faccenda di Tyler. E' colpa tua se continua a illudersi di potermi invitare al ballo di fine anno.”

“Oh, avrebbe trovato l'occasione per chiedertelo anche se non ci fossi stato io: morivo dalla voglia di vedere la tua reazione.”

Stavo ridendo adesso, ricordando la sua espressione atterrita. Niente di ciò che le avevo detto sulla mia oscura storia l'aveva tanto inorridita. La verità non l'aveva spaventata. Lei voleva stare con me. Che mente impressionante.

“Se te l'avessi chiesto io, avresti scaricato anche me?”

“Probabilmente no,” rispose. “Ma all'ultimo momento avrei cancellato l'invito... avrei finto una malattia o una caviglia slogata.”

Che strano. “E perché mai?”

Scosse la testa, come se fosse delusa che non avessi capito al primo colpo.

“Immagino che tu non mi abbia mai vista in palestra, ma pensavo che avresti capito.”

Ah. “Ti riferisci al fatto che non sei in grado di camminare su una superficie piana e solida senza inciampare?”

“Ovviamente.”

“Non sarebbe un problema. Dipende tutto da chi guida.”

Per una breve frazione di secondo, fui sopraffatto dall'idea di tenerla tra le mie braccia al ballo, dove avrebbe sicuramente indossato qualcosa di carino e delicato piuttosto che quell'orrendo maglione.

Con perfetta chiarezza ricordai cosa avevo provato con il suo corpo sotto il mio dopo averla spinta lontano dalla via del furgoncino. Potevo ricordare quella sensazione, più forte del panico o della disperazione o del rimorso. Era stata così calda e così tenera, modellandosi facilmente alla mia figura di pietra.

Mi allontanai con forza dal ricordo.

“Non mi hai ancora risposto,” dissi velocemente, per prevenire una lite a proposito della sua goffaggine, come era chiaramente intenzionata. “Vuoi davvero andare a Seattle, o ti andrebbe se facessimo qualcos'altro?”

Subdolo, concederle di scegliere senza darle l'opzione di stare lontano da me per tutto il giorno. Quasi corretto da parte mia. Ma le avevo fatto una promessa la scorsa sera... e mi piaceva l'idea di mantenerla, quasi quanto mi terrorizzava.

Sabato sarebbe brillato il sole. Potevo mostrargli il vero me stesso, se ero coraggioso abbastanza da sopportare il suo orrore e disgusto. Conoscevo solo un posto dovrei avrei potuto correre tale rischio...

“Sono aperta a tutte le proposte,” rispose Bella. “Ma devo chiederti un favore.”

Un consenso precisato. Cose avrebbe voluto da me?

“Cosa?”

“Posso guidare io?”

Era questa la sua idea di umorismo? “Perché?”

“Beh, prima di tutto perché quando ho detto a Charlie che sarei andata a Seattle, lui mi ha chiesto se fossi da sola, e visto che così era l'ho rassicurato. Se me lo chiedesse di nuovo non potrei mentirgli, ma non credo che lo farà: lasciare il pick-up a casa, però, lo porterebbe a sollevare la questione. In secondo luogo, la tua guida mi terrorizza.”

Alzai gli occhi al cielo. “Con tutto ciò che in me potrebbe terrorizzarti, ti preoccupi di come guido.” Il suo cervello funzionava davvero al contrario. Scossi la testa, disgustato.

Edward, mi chiamò Alice con urgenza.

Improvvisamente stavo osservando il brillante cerchio di luce solare, catturato in una delle visioni di Alice.

Era un posto che conoscevo bene, il posto dove avevo appena considerato di portare Bella, una piccola radura dove non andava nessuno tranne me. Un silenzioso, grazioso posto dove avrei potuto contare di essere solo, abbastanza lontano da qualsiasi scia o abitazione umana così che anche la mia mente avrebbe potuto avere pace e quiete.

Anche Alice l'aveva riconosciuta, perché mi aveva visto lì non molto tempo prima in un'altra visione, una di quelle tremolanti, indistinte visioni che Alice mi aveva mostrato la mattina che avevo salvato Bella dal furgoncino.

Nel barlume di quella visione, non ero stato solo. E adesso era chiaro, Bella era con me. Così ero abbastanza coraggioso. Mi fissava, l'arcobaleno danzava sul suo viso, i suoi occhi impenetrabili.

E' lo stesso posto, pensò Alice, la sua mente piena di un orrore che non si collegava alla visione. Tensione, forse, ma orrore? Cosa voleva dire, lo stesso posto?

E poi capii.

Edward! Alice protestò stridula. Le voglio bene, Edward!

La esclusi con cattiveria.

Non amava Bella nel modo in cui l'amavo io. La sua visione era impossibile. Sbagliata. Era in qualche modo accecata, vedeva cose impossibili.

Non era passato neanche mezzo secondo. Bella stava osservando con curiosità il mio viso, aspettando che approvassi la sua richiesta. Aveva visto il lampo di timore, o era stato troppo veloce per lei?

Mi concentrai su di lei, sulla nostra conversazione incompleta, spingendo Alice e le sue difettose e bugiarde visione lontano dai miei pensieri. Non meritavano la mia attenzione.

Non riuscii comunque a mantenere il tono giocoso delle nostre punzecchiature.

“Non puoi dire a tuo padre che passerai la giornata con me?” chiesi, l'oscurità che trapelava dalla mia voce.

Scivolai di nuovo nella visione, tentando di allontanarla, di tenerla lontana dal tremolare nella mia mente.

“Con Charlie, meno si dice, meglio è,” disse Bella, sicura su questo fatto.”E comunque, dove andremo?”

Alice aveva torto. Torto marcio. Non c'era nessuna possibilità. Era solo una visione vecchia, non più valida. Le cose erano cambiate.

“Ci sarà bel tempo,” le dissi lentamente, lottando contro il panico e l'indecisione. Alice aveva torto. Avrei continuato come se non avessi sentito né visto niente. “Perciò dovrò restare lontano da sguardi indiscreti... e se ti va, puoi venire con me.”

Bella comprese subito il significato; i suoi occhi erano accesi ed eccitati. “Mi mostrerai quel che dicevi a proposito della luce solare?”

Forse, come molte volte prima, la sua reazione sarebbe stata il contrario di quello che mi aspettavo. Sorrisi a quella possibilità, lottando per ritornare al momento più acceso. “Sì. Ma...” non aveva detto di sì. “Anche se non vuoi restare... sola con me, preferirei che tu non te ne andassi a Seattle per conto tuo. Tremo al solo pensiero dei guai in cui potresti cacciarti in una città così grande.”

Strinse le labbra; era offesa.

“Phoenix è tre volte Seattle, e solo a quanto popolazione. Le dimensioni...”

“Ma a quanto pare a Phoenix non era ancora giunta la tua ora,” dissi interrompendo le sue giustificazioni. “Perciò preferirei che mi stessi accanto.”

Avrebbe potuto restare per sempre e non sarebbe stato abbastanza a lungo.

Non dovevo pensarla in quel modo. Non avevamo un per sempre. I secondi che passavano contavano più di quanto era mai stato prima; ogni secondo la cambiava mentre io rimanevo intatto.

“Si dà il caso che restare sola con te non mi dispiaccia affatto,” disse.

No, perché i suoi istinti erano al contrario.

“Lo so,” sospirai. “Però dovresti dirlo a Charlie.”

“E perché mai dovrei?” chiese, suonando inorridita.

Le lanciai un'occhiataccia, la visione che non riuscivo a reprimere con tranquillità vorticava disgustosamente nella mia mente.

“Così avrò un briciolo di motivo in più per riportarti a casa,” sibilai. Me lo doveva, un unico testimone che mi costringesse ad essere cauto.

Perché Alice mi aveva forzato proprio adesso in questa conoscenza?

Bella deglutì rumorosamente, e mi fissò per un lungo momento. Cosa vedeva?

“Penso che correrò il rischio,” rispose.

Ugh! L'emozionava rischiare la sua vita? Desiderava ardentemente qualche colpo di adrenalina?

Mi accigliai verso Alice, che incontrò il mio sguardo con un'occhiata di avvertimento. Accanto a lei, Rosalie che mi guardava furiosamente minacciosa, ma non riuscii a preoccuparmene più di tanto. Avrei lasciato che distruggesse la macchina. Era solo un giocattolo.

“Parliamo d'altro,” Bella suggerì all'improvviso.

La fissai di rimando, pensando a come potesse dimenticare ciò che importava davvero. Perché non poteva vedermi come il mostro che ero?

“Di cosa vuoi parlare?”

I suoi occhi si lanciarono a sinistra e a destra, come per assicurarsi che nessuno stesse origliando. Doveva aver programmato di introdurre un altro argomento relativo ai miti. I suoi occhi si immobilizzarono per un secondo e il suo corpo s'irrigidì, poi guardò verso di me.

“Perché sei andato a Goat Rocks, lo scorso fine settimana... a caccia? Charlie dice che ci sono gli orsi, non è un gran posto per fare trekking.”

Così ovvio. La fissai, sollevando un sopracciglio.

“Orsi?” ansimò.

Sorrisi beffardo, osservando come la prendeva. Questo l'avrebbe portata a prendermi sul serio? Lo avrebbe fatto qualsiasi altra cosa?

Si ricompose. “Beh non è la stagione degli orsi,” disse severamente, corrugando la fronte.

“Le leggi sulla caccia regolano solo quella con le armi, se vuoi controlla pure.”

Per un momento perse il controllo del suo viso. Restò a bocca aperta.

“Orsi?” disse di nuovo, questa volta un tentativo di domanda piuttosto che un ansimo di shock.

“Emmett va pazzo per il grizzly.”

Osservai i suoi occhi, vedendo come prendeva l'informazione.

“Mmm,” mormorò. Prese un morso di pizza, guardando in basso. Masticò pensierosa, e poi bevve un sorso della bibita.

“Allora,” disse, sollevando finalmente lo sguardo. “Il tuo preferito qual è?”

Avrei dovuto aspettarmi qualcosa del genere, ma non lo avevo fatto. Almeno Bella era sempre interessante.

“Il puma,” risposi brusco.

“Ah,” rispose in tono neutrale. Il suo respiro continuava a rimanere calmo e regolare, come stessimo discutendo di un ristorante preferito.

Bene, allora. Se voleva fingere che non fosse niente di insolito...

“Ovviamente, dobbiamo stare attenti all'impatto ambientale e cacciare con un certo giudizio,” dissi, il mio tono distaccato e imparziale. “Di solito ci concentriamo sulle aree sovrappopolate di predatori, a qualunque distanza si trovino. Da queste parti c'è abbondanza di alci e cervi, e tanto basta, ma dov'è il divertimento?”

Ascoltava con un'espressione educatamente interessata, come se le stessi spiegando una lezione. Sorrisi.

“Eh, già, dove?” mormorò con calma, prendendo un altro morso di pizza.

“A Emmett piace andare a caccia di orsi all'inizio della primavera,” dissi, continuando c

– Êîíåö ðàáîòû –

Ýòà òåìà ïðèíàäëåæèò ðàçäåëó:

Dosar medical

Íà ñàéòå allrefs.net ÷èòàéòå: "Dosar medical "

Åñëè Âàì íóæíî äîïîëíèòåëüíûé ìàòåðèàë íà ýòó òåìó, èëè Âû íå íàøëè òî, ÷òî èñêàëè, ðåêîìåíäóåì âîñïîëüçîâàòüñÿ ïîèñêîì ïî íàøåé áàçå ðàáîò: Interrogatori

×òî áóäåì äåëàòü ñ ïîëó÷åííûì ìàòåðèàëîì:

Åñëè ýòîò ìàòåðèàë îêàçàëñÿ ïîëåçíûì ëÿ Âàñ, Âû ìîæåòå ñîõðàíèòü åãî íà ñâîþ ñòðàíè÷êó â ñîöèàëüíûõ ñåòÿõ:

Âñå òåìû äàííîãî ðàçäåëà:

A prima vista
  Ecco il momento della giornata in cui non desideravo altro che poter dormire. Le ore di scuola. Forse la definizione giusta era “purgatorio”. Ammesso che espiare l

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